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PEPPE VOLTARELLI

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Al Carpino Folk Festival 2016

Peppe Voltarelli in concerto

con la partecipazione straordinaria di Otello Profazio

L’edizione 2016 del Carpino Folk Festival si aprirà al pubblico festivaliero con il concerto di Peppe Voltarelli che proporrà dal vivo –e per la prima volta in Puglia- il suo personale omaggio all’antesignano del folk revival in Italia, Otello Profazio, che proprio quest’anno ha ricevuto il Premio Tenco per la carriera, costituendo un fenomeno pressoché unico nel panorama della canzone italiana.

Quando Otello Profazio iniziava la sua carriera artistica, infatti, il Festival di Sanremo contava appena tre anni di vita, i dischi erano a 78 giri e la televisione non era ancora nata. I vicini si riunivano nei salotti buoni o nei seminterrati popolari per ascoltare le radiocronache di Nicolò Carosio e i programmi musicali dell’orchestra di Cinico Angelini. Regina della canzone era Nilla Pizzi che svariava elegantemente tra Grazie dei fior, Campanaro e Papaveri e papere. Dell’Italia vera, ingombra delle macerie della guerra, flagellata dalle alluvioni e da un’emigrazione biblica in cui braccianti e contadini lottavano ancora contro il feudalesimo, poco o niente trapelava nelle canzoni. Da allora, sono passati più di sessant’anni e Otello prosegue la sua carriera indifferente alle mode, aggiornando di anno in anno il suo sterminato repertorio, calibrato sempre sui problemi della contemporaneità. La fantasia visionaria delle storie e leggende del Sud, la grande poesia civile di Ignazio Buttitta, il fatalismo di contadini ed emigranti traditi dalla storia hanno trovato in lui un moderno cantastorie capace di coniugare impegno e ironia. Straordinario interprete delle tante anime del meridione, è stato anche l’artefice di pionieristiche esperienze culturali, dalla collana Folk della Cetra al programma radiofonico Quando la gente canta, intrecciando nel suo cammino significative collaborazioni con alcuni dei protagonisti della cultura italiana del Novecento, da Matteo Salvatore a Rosa Balistreri, da Diego Carpitella a Giorgio Gaber.

Inevitabile, e in qualche modo obbligato, l’incontro con Peppe Voltarelli, tra i più estrosi croner di casa nostra ed espressione più rilevante della cosiddetta ‘onda calabra’, assunto a sua volta a vessillo di un meridionalismo al passo di tempi decisamente diversi da quelli di Nilla Pizzi e Cinico Angelini. Artista a dir poco eclettico –scrittore, attore e compositore per il cinema e il teatro- Voltarelli è oggi al giro di boa dei venticinque anni di carriera, dall’avventura rock-folk in salsa calabro-bolognese del Parto delle Nuvole Pesanti fino all’avvio, nel 2005, di una carriera da solista che si è guadagnata un largo seguito di pubblico, anche fuori dai confini nazionali, e lusinghieri riconoscimenti di critica tra i quali il Premio Tenco per il miglior album in dialetto. Questo suo personale omaggio a Otello Profazio cade dunque nel bel mezzo del suo cammino di arte e di vita e risponde all’urgenza di rivendicare con fierezza le proprie origini, senza lasciarsi tentare da fughe estetizzanti verso lidi lontani. Da qui anche la scelta di tenere a bada la sua prorompente personalità per offrire al ‘suo’ pubblico, senza inutili orpelli, alcune gemme del repertorio di Profazio, e restituire a un paese senza memoria pezzi significativi della sua storia culturale. La tradizione dei cantastorie rivive pertanto nella sua interpretazione, animando la rappresentazione dolente e stralunata di un meridione eternamente eguale a se stesso per cantare ancora, a passo di danza, le ferite sanguinolente della storia, il flagello della mafia, il dramma dell’emigrazione, la desolazione di periferie abbandonate.

Un concerto carico di suggestioni che andranno a infittirsi con la proiezione sullo sfondo delle opere artistiche realizzate appositamente per lo spettacolo da Anna e Rosaria Corcione che, lavorando su materiali storici con strappi e stratificazioni, hanno reso a loro volta omaggio a un altro grande calabrese, Mimmo Rotella, dando vita a una riproposta dinamica e innovativa dei vecchi cartelloni da cantastorie. A rendere in qualche modo unico il concerto di Carpino sarà la partecipazione straordinaria dello stesso Otello Profazio che affiancherà Voltarelli con la sua voce e la sua chitarra, quasi a suggellare sul palco il patto tra due generazioni di artisti accomunati da un viscerale amore per la propria terra ma ostinati a intendere il campanile del paese come veicolo di istanze universali e, allo stesso modo, più incline al dispiegarsi di un’amara ironia che verso l’autocommiserazione.

Il concerto chiuderà un articolato momento di riflessione sul folk revival in Italia al quale prenderanno parte anche Antonio Infantino e Andrea Satta e Angelo Pelini dei Têtes de bois per cui non sono da escludere altre incursioni su quel palco dove si leveranno alte le ragioni ‘ostinate e contrarie’ del mezzogiorno d’Italia.

ANTONIO INFANTINO

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Al Carpino Folk Festival 2016

ANTONIO INFANTINO

“FACITI ROTA”

A partire dal 1964 matura varie esperienze artistiche, spaziando dalla musica performativa e gestuale all'elettronica e al free jazz, con Vittorio Gelmetti, Sylvano Bussotti, Pietro Grossi, Charlotte Moorman, Giuseppe Chiari, Alvin Curran (del gruppo Fluxus), e con altri artisti di poesia visiva.

Nel 1966 comincia ad esibirsi dal vivo, al Folkstudio di Roma e al Nebbia Club di Milano, dimostrandosi uno dei protagonisti del beat italiano, come documenta Fernanda Pivano in ''Mondo Beat'' ed un ritaglio del Corriere della Sera dell'epoca, quando ''il tarantolato'' passò una notte in cella perché si aggirava per Milano con la testa incoronata.

« Un personaggio che incarna in senso letterale alcune tra le cose migliori della cultura e dello spettacolo di questi ultimi quarant'anni »

(Fernanda Pivano)

Lo stesso anno la Feltrinelli pubblica un quaderno di sue poesie dal titolo I denti cariati e la patria, con introduzione della stessa Pivano.

Nel 1968 registra il primo 33 giri, Ho la criniera da leone (perciò attenzione), con dodici brani inediti tutti di sua composizione, registrati a Milano con orchestrali della Scala. L'album verrà stampato all'inizio del 1969 dalla Ricordi. Sempre nel '68 partecipa a Ci ragiono e canto n. 2 di Dario Fo, componendo e interpretando insieme a Enzo Del Re i brani Avola e Povera gente. Nel frattempo si laurea in architettura, e ottiene l'insegnamento presso l'Università di Firenze.

Nel 1976 fonda il movimento culturale dei Tarantolati di Tricarico, a cui hanno partecipato negli anni decine di musicisti, con i quali, stravolgendo e reinventando il repertorio tradizionale della sua terra d'origine, crea un canzoniere nuovo e composito, passando dalle ninne nanne alle filastrocche infantili, ai canti di festa e di lotta, basati spesso su ritmi ossessivi e trans-ipnotici. Con questa formazione Infantino inciderà tre dischi, tutti per la Fonit Cetra.

Nel 1977 partecipa al Premio Tenco.

Nel 1978 si reca in Brasile dove, con la partecipazione attiva di popolazione e scuole di samba, unisce i due generi musicali (la Taranta e il Samba appunto) pubblicando il "documentario sonoro"[1] in forma di LP La tarantola va in Brasile, che vede anche l'intervento di Fafà De Belem. Il titolo era proprio un gioco sul discorso migrazione. La prima canzone, infatti, recita “Da Sud a Nord … sono arrivati da ogni parte, e fecero il Brasile”.[2]

Nel 1983 torna a collaborare con Dario Fo musicando il suo Arlecchino in occasione della Biennale del Teatro di Venezia. Nell'84 compone l'opera La fattoria degli animali, utilizzando campionamenti di versi di animali reali. Tra l'84 e l'87 firma la colonna sonora del film Ternosecco di Giancarlo Giannini, e le musiche per la serie televisiva Vincere per vincere.

Nel 1989 compone le musiche per lo spettacolo Tricolore triste, allestito ad Anversa dal gruppo teatrale belga Nieuwe Scene. Per la stessa compagnia quindi scrive testi e musiche per La nave dei folli (1991), spettacolo che ripercorre l'evoluzione del teatro comico attraverso i millenni. Dello spettacolo Infantino cura anche le scenografie e i costumi. Ancora in Belgio riceve il premio e la laurea honoris causa in Belle Arti da parte dell'Accademia Reale Fiamminga. Nel 1996 espone dei suoi quadri in una mostra dal titolo Danza Cosmica: danza, suono, colore, allestita nei locali del Parlamento Europeo a Bruxelles.

Nel 1997, assieme ai 99 Posse, riedita La gatta mammona, uno dei suoi successi degli anni '70. Nel 1998 pubblica Succhà, una nuova antologia di poesie edita dalla City Lights Bookstore di Lawrence Ferlinghetti.

Nel 2000, il suo spettacolo Tara'n Trance chiude ufficialmente il Carnevale di Venezia in Piazza San Marco, riscuotendo un enorme successo di critica e di pubblico. L'opera si caratterizza per la presenza corale di diverse discipline artistiche e tecniche che coinvolgono costantemente il pubblico fra danze, musica, arti visive. Un rituale coreutico e festoso che ha al centro della scena gli spettatori come soggetti attivi: sollecitati dalla danza ancestrale, dai suoni ipnotici e dai colori vibranti, danzando, si entra in trance attraverso la sapiente guida di questo "sciamano hypermediale". Tara'n Trance verrà pubblicato quattro anni dopo in CD, ed entrerà con successo nelle classifiche delle discoteche statunitensi, sorpassando pop-stars di grido quali Britney Spears e Mariah Carey.

Nel 2004 Infantino è invitato come ospite speciale alla Biennale di Venezia. Nel 2007 la Deja-vu Retrò pubblica e distribuisce in tutto il mondo Antology of Tarantella, cofanetto multimediale articolato in cinque supporti tra CD audio, CD-Rom e DVD. Nel 2009 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia con installazioni e performance sul tema "La danza delle api", in cui analizza il linguaggio e i comportamenti degli insetti.

È di prossima pubblicazione un nuovo CD, a nome "Antonio Infantino & Band", dal titolo Tutto È UNO È Tutto - Il cerchio dell'Eterno Ritorno.


DANIELE SEPE E LA SUA CIURMA

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Al Carpino Folk Festival 2016

CAPITAN CAPITON E I FRATELLI DELLA COSTA

DANIELE SEPE E LA SUA CIURMA

Venticinque anni dopo Vite Perdite, Daniele Sepe torna a fotografare la Napoli musicale che allora stupì e convinse l’etichetta berlinese Piranha, una delle prime a interessarsi di world music, la musica popolare che noi chiamiamo più semplicemente etnica o folk. L’approccio di Sepe alla tradizione resta lo stesso, pieno di rispetto ma senza timori reverenziali, soprattutto mai filologico anzi sempre capace di intercettare le novità e di metterle in prospettiva dandogli il giusto sfondo.

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa è un collettivo, o meglio una ciurma, che raccoglie le migliori lame di Napoli contemporanea.

Insieme hanno già dato vita ad un epico concerto in piazza Dante a Napoli a sostegno della cassa di resistenza operaia dei cassintegrati Fiat, coinvolgendo migliaia di persone in un concerto che è la fotografia di quello che accade oggi musicalmente in città.

La ciurma, anche se ha un assetto variabile, e si da all'arrembaggio a seconda del galeone da assaltare, è composta da:

Capitan Capitone aka Daniele Sepe

Alessio Sollo de I Collettivo

Dario Sansone de i Foja

Roberto Colella de La Maschera

Aldo Laurenza degli Aldolà Chivalà

Andrea tartaglia de i Tartaglia Aneuro

Carmine D'aniello degli 'O Rom

Maurizio Capone dei Bungt&Bangt

Claudio Gnut Domestico

Paolo Romano "Shaone"

Nero Nelson

Sara Sossia Sgueglia

Tommy De Paola alle tastiere

Gianluca Capurro alle chitarre

Davide Afzal al basso

Michele Maione e Salvio Gekò La Rocca alle percussioni

Paolo Forlini e Luca Caliguri alla batteria

Il repertorio spazia dalle canzoni composte nell'album che lo rappresenta, "Capitan Capitone e i Fratelli della Costa, i brani che riassumono l'attività svolta individualmente nella musica e cover di canzoni che ci stanno a cuore, come Zappa o i Clash.

… ma attenzione: non è mica che ognuno si canta il suo pezzo e io ci metto dentro l’arrangiamento o il sassofono, noi ci siamo chiusi in studio due settimane, insieme alle vivandiere e alla cambusa, e partendo da zero abbiamo scritto insieme tutto, dalla musica ai testi. Un lavoro collettivo che ci ha fatto scapolare felicemente quest’inverno.

LA DAME BLANCHE

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Al Carpino Folk Festival 2016

LA DAME BLANCHE

"NU CUMBIA"

Yaite Ramos, musicista cubana che vive a Parigi, è la figlia di Jesus "Aguaje" Ramos (Musical Director della Buena Vista Social Club).

In precedenza flautista e parte del coro con Sargento Garcia, lei è anche la cantante di El Hijo de la Cumbia.


Ora presenta l'album di debutto de La Dame Blanche, diretto da Marc Baby Lotion Damblé (Sargento Garcia, Amadou & Mariam, Orishas), French Sound Engineer/Beat Maker - e composto sotto la direzione artistica di Emiliano Gomez, alias El Hijo de La Cumbia, un produttore argentino famoso per la sua fusione di Cumbia e suoni urbani.


Le tracce di Piratas (2014), la sua ultima release, sono ricche di significato sociale e sostengono le proprie radici nella tradizionale musica urbana. Rap, Reggae, e certamente Nu Cumbia, sono tutti terreni fertili per La Dame Blanche!

CRISTIANO DE ANDRÉ

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Al Carpino Folk Festival 2016

CRISTIANO DE ANDRÉ

DE ANDRÉ CANTA DE ANDRÉ

Cristiano De André, unico vero erede del patrimonio musicale di Fabrizio, omaggia suo padre in occasione dei 50 anni dall’uscita del primo album Tutto Fabrizio De Andrè, quello con le intramontabili La guerra di Piero, Via del Campo e Amore che vieni, amore che vai.

Durante il concerto Cristiano interpreterà sul palco del Carpino Folk Festival i brani contenuti in De André canta De André – Vol. 1 (2009) e De André canta De André – Vol. 2 (2010) oltre a quindici nuove canzoni non ancora rivisitate, tra cui proprio quelle citate del primo disco e Canzone per l’estate, Una storia sbagliata e Il bombarolo.

Sul palco sarà accompagnato da Osvaldo di Dio, Davide Pezzin e Davide Devito, con la collaborazione di Max Marcolini per gli arrangiamenti.

Cristiano nasce a Genova il 29 dicembre 1962.

Cresce in un vivace ambiente culturale, dove teatro e musica sono componenti quotidiane. Villaggio, Tognazzi, Tenco, Lauzi, Paoli e De Gregori sono amici ed abituali frequentatori di casa De André. A 11 anni Cristiano si avvicina con successo alla chitarra, a 17 al violino, che studia per cinque anni al Conservatorio Paganini di Genova. Compone le prime musiche per alcuni spettacoli goliardici in scena al Teatro Popolare di Genova, ma sarà Massimo Bubola, che conosce Cristiano dai primi anni ’70, quando inizia a collaborare con il padre Fabrizio, a fargli incontrare un gruppo di ragazzi di Verona con i quali inizierà a fare musica.

Sono Carlo Facchini, Marco Bisotto e Carlo Pimazzoni, i componenti del gruppo “Tempi Duri”, con i quali nei primi anni ’80 inizia l’avventura musicale.

Nel 1982 esce il primo singolo dei Tempi Duri, l’anno dopo l’album di esordio “Chiamali Tempi Duri” e quindi un tour. Con il gruppo Cristiano accompagna il padre Fabrizio in alcuni suoi tour: come nel 1981 o nel 1984 nella tournée “Creuza de ma”. Poi i componenti del gruppo partono per il servizio militare e la band si scioglie. Nel 1985 Cristiano intraprende la carriera di cantante solista e partecipa al Festival di Sanremo tra le nuove proposte con il brano “Bella più di me”, raccogliendo consensi di pubblico, arrivando al 4° posto e vincendo il premio della critica.

Seguono alcuni singoli, ma per un lavoro più completo si deve attendere il 1987 con l’album “Cristiano De André” comprendente la delicata “Briciola di pane” dedicata all’ appena nata figlia Fabrizia. Album realizzato con la collaborazione di Fio Zanotti e Massimo Bubola. Nel 1990 esce “L’albero della cuccagna”, album ispirato e ricco di contenuti. Partecipano alla realizzazione artisti di talento quali: Mauro Pagani, Vince Tempera, Ellade Bandini, Fabrizio Consoli, Ares Tavolazzi e l’immancabile Massimo Bubola. Nel filone della canzone d’autore e con un personale tono ironico si inserisce l’album del 1992 “Canzoni con il naso lungo”: album maturo, immediato e ricco di energia. Importante la collaborazione con l’amico Eugenio Finardi. Torna Bubola ora nella veste di produttore artistico.

Nel 1993 Cristiano torna dopo otto anni al Festival di Sanremo, questa volta nella categoria “campioni”. Presenta “Dietro la porta” un brano di notevole intensità lirica composto con Daniele Fossati. E’ un grandissimo successo: il secondo posto assoluto, il


media per il brano e per l’interpretazione permettono di attribuire a “Dietro la porta” la qualifica di vincitrice morale del Festival 1993. E’ un’immensa soddisfazione per Cristiano che vede ripubblicato il precedente album con l’inserimento del brano sanremese. Nell’aprile 1995 esce “Sul confine”, in cui Cristiano è accompagnato da fedeli amici che hanno contribuito alla scrittura di questo intenso disco, tra gli altri Carlo Facchini, Eugenio Finardi, Stefano Melone, Massimo Bubola, Oliviero Malaspina, Daniele Fossati, Manuela Gubinelli ed il padre Fabrizio nel brano “Cose che dimentico”.

La forza interpretativa di Cristiano viene esaltata dalla profonda e sentita composizione delle canzoni: in questo album si possono avvertire gli intensi mutamenti interiori e stilistici che gli hanno permesso di realizzare un’opera così convincente. Sono canzoni di frontiera nate da un lungo periodo di ricerca professionale e personale. La maturità di cui si parla è arrivata con le difficoltà che hanno arricchito il talento innato e che hanno ridefinito la strada artistica di Cristiano: una strada tortuosa e spesso in salita, percorsa fino in fondo ed in completa autonomia. Come egli stesso sostiene: «credo nella continua ricerca di se stessi e soprattutto nella coerenza. E’ proprio su questo che baso il mio lavoro di musicista. Quando ero più giovane vivevo di valori collettivi, adesso credo maggiormente in valori individuali: penso che sia importante percorrere una strada interiore di ricerca perché se una persona riesce a sviluppare delle capacità di introspezione, può sempre cavarsela».
Il titolo “Sul confine” può evocare qualità e difficoltà di scelte, ma questo è solo il punto di partenza di quella ricerca interiore verso il raggiungimento di un’integrità artistica personale. Integrità che gli permette di creare uno stile suo unico e riconoscibile. Il 1997 lo ha visto sul palco del tour “Anime salve” di Fabrizio De André dove si è messo in luce come eccellente polistrumentista di “prima fila”, ruolo che è stato di Mauro Pagani. Grande soddisfazione questa riconfermata nel successivo tour invernale “Mi innamoravo di tutto” e nel tour estivo del 1998.

Nel novembre 2001 esce “Scaramante” intenso album di cui lo stesso Cristiano dice: «è un disco terapeutico con cui mi sono tolto i dolori di dosso. E’ un disco che segna il crocevia della mia vita». Con “Scaramante”, nel 2002, vince il Premio Lunezia come miglior album. Torna al Festival di Sanremo nel 2003 con il brano “Un giorno nuovo”, basato sul concetto della “comprensione” e ricco di echi etnici. Segue la raccolta “Un giorno nuovo – live in studio”, brani del suo passato artistico riarrangiati e proposti in versione live.

Nel 2009, la svolta: arriva per Cristiano il momento di concretizzare il progetto di intraprendere un lungo tour in cui rileggere il repertorio di Faber con gli occhi di figlio e di artista. Nascono l’album “De André canta De André” pubblicato nel 2009 e nel 2010 “De André canta De André – Vol. 2”, una nuova raccolta di brani del grande Fabrizio.

Nel 2013 pubblica per l’etichetta Nuvole, fondata dal padre Fabrizio, l’album d’inediti “Come in Cielo così in Guerra”, realizzato con la collaborazione di Corrado Rustici e distribuito da Universal Music.

Nel 2014 partecipa al 64° Festival di Sanremo dove si aggiudica, con il brano “Invisibili” il Premio della Critica “Mia Martini” e del premio “Sergio Bardotti” per il miglior testo. Per l’occasione viene pubblicato “Come in Cielo così in Guerra (special edition)”, contenente anche “Invisibili” e “Il cielo è vuoto”, altro brano presentato al Festival. A Sanremo, durante la serata “Sanremo Club”, dedicata alla tradizione italiana della canzone d’autore, Cristiano De André ha reinterpretato in un’intensa ed emozionante esibizione il brano di Fabrizio De André “Verranno a chiederti del nostro amore”.

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